David Herbert Lawrence nasce a Eastwood, presso Nottingham, nel 1885, figlio di un minatore e di una maestra di scuola. Acquisito a Nottingham il diploma magistrale, comincia a lavorare come maestro, ma nel 1911, a causa di continue polmoniti, deve dimettersi.
Nel 1912 incontra Frieda von Richtofen, appartenente a una delle più ricche e antiche famiglie nobiliari tedesche, e nel 1914, ottenuto lei il divorzio dal precedente marito, la sposa. Nel 1917 viene espulso dall’Inghilterra per il suo pacifismo e per la nazionalità tedesca della moglie, e si dà con lei a una vita errabonda, soggiornando in Italia, Austria e Germania. Nel 1922 si imbarca per l’India e di lì raggiunge prima l’Australia e poi San Francisco, quindi nel 1923 si stabilisce a Chapala, in Messico. Nel 1924 elegge con Frieda la sua dimora a Londra, ma continua a viaggiare ininterrottamente, toccando Parigi, di nuovo l’America e di nuovo il Messico.
Si ammala nel frattempo di tubercolosi, e nel 1926 si trasferisce, cercando un clima più consono, prima a Spotorno e poi a Scandicci, presso Firenze. Ma nel 1928 riprende le sue peregrinazioni, in Svizzera, in Germania e in Costa Azzurra. All’inizio del 1930 le sue condizioni si aggravano, e viene ricoverato nel sanatorio di Vence, dove muore nel marzo dello stesso anno.
Pauline Attenborough è una ricca signora settantaduenne che fa di tutto per occultare i segni dell’età: cura con attenzione quasi maniacale il suo aspetto e si mostra, anche ai suoi familiari, soltanto di sera, esigendo la luce soffusa delle candele. Brillante e maliziosa, ha un ruolo decisamente protagonistico nei confronti della nipote Cecilia e del figlio Robert, che vivono con lei e che rispetto a lei sembrano pallide ombre.
Cecilia è segretamente innamorata del cugino, ma questi, perdutamente affascinato dalla madre, pare vivere in una sorta di grado zero dei sentimenti e dei desideri, e si limita a portare avanti senza entusiasmo una grama carriera di avvocato. A un certo punto, però, Cecilia scopre per caso che nelle lunghe ore di solitudine la zia parla da sola, con una vocina ben diversa da quella franca e squillante che usa in pubblico. E ciò che la ragazza ascolta – attraverso il tubo di scarico della grondaia – la sconvolge al punto da indurla a vendicarsi con lo stesso mezzo. Ma il gesto di Cecilia avrà su Pauline conseguenze terribili…
Scritto nel 1927, La bella signora rivela a chiare lettere uno degli archetipi più rilevanti della personalità di David Herbert Lawrence: la presenza di una madre oppressiva e ossessiva, che qui diviene il fulcro del racconto, conferendo al contesto rintocchi molto cupi, concentrazionari, asfittici. L’idea stessa di vitalità integrale, che è forse la più fulgida stella polare dell’opera di Lawrence, sembra ormai essere spenta, o quanto meno relegata nei territori oscuri della finzione e della vendetta.
“She was really a dreadful sight, like a piece of lovely Venetian glass that has been dropped and gathered up again in horrible, sharp-edged fragments.”
“La signora era davvero uno spettacolo tremendo, come un oggetto di raffinato vetro veneziano caduto per terra e rimesso insieme in orribili frammenti aguzzi.”
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